Di soli manzi non si campa: cerco un mecenate nobile e dell’afrodisiaco cacio spalmabile

Cerco un mecenate d’altri tempi, somigliante a re Käse II di Emmental. La crisi finanziaria ha ridotto lo scrittore in un hobbista, ed io (che metto la punteggiatura a caso perché sono superiore alle regole grammaticali) ho bisogno di un mio regno difensivo, dove continuare a costruire il mio impero letterario fatto di cazzate e tanto tanto formaggio.

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Il mondo è pieno d’imbrattacarte che potrebbero tranquillamente lucidarmi l’argenteria, se solo avessi dell’argenteria, ma voi subumani che vi mettete in fila alle casse della speranza ipertrofica di mappe ascellari pezzate di interiora e carta domopak dei sentimenti iracondi sublimati negli ipermercati della periferia di Vimercate, non potete capire l’intrinseca esigentezza di unire le sinapsi asburgiche di chi come me ricerca la bellezza della parola nella sera mangiando parmigiano di 46 mesi e mezzo invecchiato come il brandy che crea un’atmosfera.
Lasciate a me le parole: sole, cuore, amore, fate in modo che io, umile Mistress della letteratura riesca a vivere d’arte, veneratemi ma soprattutto pagatemi in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi.
In un mondo che prigioniero è perché io, divina casearia creatura dalla pelle chiara come il marzolino di ottobre e dalle forme abbondanti come caciocavalli pugliesi, dovrei essere costretta a lavorare come voi esserini fatti di cartellini da timbrare, mutui e macchine prese a rate? Possibile che io, cantrice di versi quali “ohh, ahh, zigwilg oppure trumptrump” non trovi, non dico un mecenate nobile, ma almeno un ricco burino che voglia investire sulla mia arte? Prego costantemente le mie mistiche di riferimento Santa Rita S’Accascia e Madre Maria Lines Consuelo Pilar de  Pañales affinché mi facciano incontrare un mio possibile estimatore che sia un po’ un pirata e un po’ un signore ma soprattutto che sia un bel pezzo di professionista dell’amore.
Ah la mia mente vaga sulle storie che videro mecenati prodigarsi per la nobile causa dell’arte: se chiudo gli occhi mi sembra di vedere Ludmilla Sbatilowa preparare zabaioni al suo giovane amante il poeta Wassily Werbowschy e ricoprirlo di profumi e balocchi.

Quella era la vita vera signori e non questo inferno dove io, che sono fatta della stessa sostanza del taleggio, sono costretta a vivere facendo da tata a due mocciosi elvetici per qualche etto di groviera in più.
Lo sapete, io non sono come voi, io non posso parlare solo di calcio e di donne di membri lunghi tre spanne, non posso parlare di tutte le corna del droghiere  dell’ulcera duodenale del padre del salumiere non posso parlare. A differenza vostra desidero un letto di Camembert dove sdraiarmi nuda assaporando quell’aroma forte di maschio cacino. La mia bocca deve nutrirsi d’amore, di vini e di formaggi francesi ma ormai i miei soldi li ho tutti spesi e se non trovo un investitore, io che del lavoro ne ho orrore, finirò per distruggere la mia poesia.
Donatemi l’essenza di una vita che somigli ai formaggi  erborinati,  devo avere l’esistenza che la mia arte merita.
Vi racconto le mie avventure erotiche casearie perché è il dio Eros a chiedermi di farvi eccitare, mostro il mio abbondante seno su queste pagine perché possiate sognare un amore diverso, ma fatto di sesso, chi vivrà vedrà. 

Ordunque mi sono sfogata, la mia richiesta è  questa: se qualcuno volesse finanziarmi o semplicemente rendere meno misera la mia vita liberando la mia arte per farla volteggiare sulle intramontabili vette del sapere sa dove trovarmi, sapete quanto io sia generosa: posso lasciarvi gli estremi della mia postepay in qualsiasi momento me lo chiediate. Se poi vi capitasse fra capocollo un salumiere nobile mecenate atto a rendermi finalmente libera dallo stress del denaro ve ne sarei eternamente grata, sappiate che questa mia gratitudine potrebbe fare della vostra vita di apostatici inflazionati omuncoli e donnuncole assuefatte dai tg regionali, una vita meno misera.
Vostra formaggiosa Sabrella.



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